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Quella sera, alla Casa Internazionale delle Donne, si svolgeva uno dei concerti che si tenevano per la rassegna Diva’S Jazz ed a suonare c’era Cettina Donato, accompagnata da Lucrezio de Seta alla batteria e Giuseppe Bassi al Contrabasso. Era agosto del 2017.
In realtà, non conoscevo nessuno di loro… Ero da poco che frequentavo l’ambiente del Jazz. Entrato nel cortile sentì il suono del piano…. rimasi subito colpito. Ancor di più quando vidi il palco dove stavano effettuando il sound-check. Cettina non poteva passare inosservata… e quel suono! Persistency – the New York Project è Il suo disco che presentava quella sera.
Dopo il concerto, ci ritrovammo tutti seduti ai tavolini del cortile… ricordo con infinito piacere quelle serate….
Questo, purtroppo, è stato l’unico concerto di Cettina Donato che ebbi il piacere di ascoltare e fotografare. CI siamo incontrati altre volte…. ultimamente a Roma, al Brancaccino, dove nello spettacolo “IL MIO NOME é CAINO, con Ninni Bruschetta, accompagnava la recitazione con il piano! Insomma, per farla breve, apprezzo moltissimo Cettina come Persona, come Artista e come Donna…
In questi giorni ci siamo incontrati virtualmente e ci siamo fatti una chiacchierata. Ero curioso di conoscerla meglio e da questa è nata l’idea di scrivere queste righe…. una sorta di auto-intervista.

Sicuramente un impatto più che positivo. La mia vita è cambiata sotto tutti i punti di vista: professionalmente e dal punto di vista personale. C’è voluto molto coraggio per lasciare un ottimo lavoro che già avevo, una famiglia con genitori malati cronici e un fratello autistico e dopo pochi mesi essere convolata a nozze. E non conoscevo neanche la lingua inglese! Ma adesso, dopo diversi anni da quella mia prima partenza verso gli Stati Uniti, sia io che la mia famiglia possiamo affermare che è stata la cosa più giusta da fare. Non ho nulla da recriminare nei confronti della vita che facevo prima di lasciare l’Italia, guadagnavo bene, ero felicissima. Ma avevamo capito che si era presentata un’occasione molto importante e che avrei potuto fare ancora di più e meglio. Gli studi in Italia sono stati fondamentali perché mi hanno date delle basi solidissime che mi hanno permesso di laurearmi in due anni anziché in quattro, come previsto, così ho potuto cominciare a lavorare negli Stati Uniti e a ricevere un visto di Artista che mi permetteva di poter lavorare in maniera regolare e legalmente. E’ bellissima la sensazione che provi nel poter avere un lavoro senza alcuna raccomandazione, in un Paese in cui nessuno ti conosce, in un Paese in cui sei premiato per il tuo valore e non per il tuo nome o per le tue conoscenze. Ho creato la mia orchestra, ho lavorato per il balletto di Boston, ho insegnato al Berklee come Tutor insegnando le materie di composizione, armonia, ear training a studenti che provenivano da tutte le parti del mondo. Ho conosciuto persone straordinarie, artisti di fama mondiale, persone che condividevano con me la concezione che la Musica è un mestiere come tutti gli altri. In America se hai una laurea ad Harvard o una laurea al Berklee College è la stessa cosa. Ogni professione ha pari dignità di un’altra. L’importante è aver studiato con disciplina, coerenza e dedizione. In Italia a volte neanche gli stessi parenti hanno contezza di cosa significhi studiare musica o una disciplina artistica. Tre quarti della mia famiglia non è mai venuta a un mio concerto. Scoprono cosa fai dai giornali. Ho proseguito sulla mia strada. Ho rifiutato un contratto a tempo indeterminato in Italia perché ho pensato che tutto quello che avevo fatto all’estero sarebbe stato vano e non avrei più potuto continuare a farlo con un lavoro a tempo indeterminato che mi costringe per forza di cose a rimanere per lungo tempo nello stesso posto. Non mi sono fatta scappare un’occasione così importante nonostante la vita andasse a gonfie vele. Adesso, quando mi volto indietro e guardo il passato “remoto” sorrido, forse un po’ mi manca la vecchia vita nella propria “comfort zone” ma sicuramente è stata la cosa più importante da fare. Così proseguo per la mia strada. Non ho un lavoro a tempo indeterminato ma sono molto più felice cosi’ continuando a fare ciò che mi piace e che mi sta dando tante soddisfazioni.





Ciao Cettina… sei una bella persona! Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato. Speriamo di avere l’occasione per incontrarci di nuovo, poter prendere un caffè insieme… cose che di questi tempi a causa della situazione difficile che stiamo vivendo per il coronavirus è impossibile fare.
Le fotografie sono state scattate in occasione del concerto tenutosi alla Casa Internazionale delle Donne, per la rassegna jazz “DIVA’S JAZZ”.
Un ringraziamento va anche a Fiorenza Gherardi de Candei per aver favorito questo incontro!
Galleria Fotografica
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